Vacuità di mezza sera
Ho un'età che, culturalmente, mi ha permesso di crescere con molte certezze: la triade Zoff-Gentile-Cabrini, gli alligatori cresciuti nelle fogne di New York, la terribile jella portata dalla Prinz e l'inquietante amicizia di Marzullo con De Mita.
Questa "indiscrezione" sui legami scolastici tra tra Gigi e il figlio dell'ex-potentissimo Ciriaco, mi viene in mente ogni qual volta - e sono frequenti, dal momento che Marzullo occupa ormai in pianta stabile il palinsesto notturno di RaiUno - la sua facciona caricaturale compare in video per destreggiarsi beatamente, come un vero sbarazzino dell'intelletto, fra i luoghi comuni di storia, costume, società e cinema. E non è neppure simpatico.
Probabilmente ancora all'oscuro della propria, sublime banalità, e della deriva politica intrapresa dall'antico Protettore (ma, oggi, chi ha ancora il coraggio di imporcelo?), il buon "Giggi" sfoggia da anni, dalle sicure sponde di un porto al riparo dai marosi assassini dello share e dell'auditel, la sua imperturbabile vacuità di showman piccino-picciò.
Tutto, in lui, sa di pret-a-porter: dalle domande sciatte e insignificanti alle osservazioni, stantìe ed ampiamente ruminate, da un look stile colloquio di lavoro al capello fluente su montatura curiale (molto Don Oreste).
Un vero pannello prefabbricato dell'informazione televisiva.
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