21.10.05

RockPolitik: Celentano puro al 100%

Pippo Baudo, in sala: "... sono arrabbiatissimo!"

Celentano, al telefono: "con chi? con me?"

Baudo: "no, con Grillo. A volte i comici 'smarronano'... Beppe questa sera ha 'smarronato'.."

Celentano: "eh, no, volevo dire che è stato forte!"

Baudo: "no... ha esagerato... e volevo dire che mi dissocio da quello che ha detto"

Celentano: "beh.. però è stato forte".

Fantastico 6 - Rai1, 6 gennaio 1986


Ho seguito RockPolitik ininterrottamente. Credo sia stata una serata storica: un pò per me, che a parte Quark generalmente rifuggo aprioristicamente il palinsesto di RaiUno; un pò per la stessa Rete Ammiraglia, che nel famigerato momento dedicato alla censura penso abbia straordinariamente stravolto la propria natura profondamente conservatrice.

Premesso questo, mi hanno sinceramente stupito i toni utilizzati da molti telespettatori nel commentare la trasmissione. Mi chiedo: chiunque abbia più di trent'anni, si ricorderà perfettamente quel meraviglioso baraccone - infarcito di messaggi buonisti e iniziative pop - che fu Fantastico 8. Ieri sera abbiamo assistito esattamente (o finalmente) ad una sorta di Fantastico 9, un prodotto che molti rimpiangevano perché geneticamente e televisivamente puramente celentaniano. Lasciamo stare tutto quello avvenuto nel frattempo, ovvero dal 1988 al 2005: ieri sera eravamo molto più vicini a "sono figlio della foca: non voglio che mia madre pianga" che al sottile manicheismo "comunista/fascista" o "guerrafondaio/terrorista" tanto in auge nelle trasmissioni medie dei tempi recenti... e ormai barboso.

Vorrei qui ricordare agli smemorati , o ai più giovani, che nel 1987 Celentano riuscì a riportare in RAI Dario Fo, 'censurato', guarda caso, nel 1962 da Canzonissima (e riapparso unicamente in piena Riforma, nel '77, con il Teatro di Dario Fo - ma non in diretta) e Roberto Benigni (cacciato dalla Rai nel 1980 per la battutaccia sul Papa, a San Remo). Chi non ricorda la campagna elettorale a favore dell'abolizione del nucleare? Lo spegnimento collettivo delle televisioni per un minuto, per sollecitare la pace atomica tra Reagan e Gorbaciov? O i filmati - strazianti - sulla caccia ai cuccioli di foca uccisi ad arpionate? Senza dimenticare il neologismo telepredicatore, a lui assegnato, i playback imbarazzanti e le insopportabili pause oratorie, ai limiti della artificiosità (i titoli sui giornali dell'epoca insinuavano fossero maliziose e ruffiane: in realtà oggi sappiamo che Adriano è realmente sconclusionato).

Ma cosa vi aspettavate - realmente - dall'ex Ragazzo della via Gluck? Che oggi non si scagliasse nuovamente, coerentemente ai propri lontani vent'anni - contro chi non fa crescere più l'erba? Che non additasse come scempio alberi di trenta piani? O che non si lanciasse in campagne mediatiche, forse qualunquiste ma paradossalmente isolate politicamente, contro la guerra, l'odio, la fame e le ingiustizie? Non vi ricordate il villaggio Dash, fatto costruire in Africa con i proventi delle televendite del detersivo omonimo? Non credete che - a parte i toni e l'atleticità - dopotutto tra lui e i Negrita in fondo le distanze siano solo generazionali ma non culturali? Certo, come cantante e showman mostra tutti i propri limiti: ma non si può certo contestargli una coerenza ideologica di fondo assolutamente incorruttibile, nel bene o nel male (W la natura, W il Papa). In questo Adriano è unico: meglio di Barbara Pasionaria Palombelli imbellettata di lustrini a specular di Al Bano, o di Baffino D'Alema a valutar bonacce sottobraccio a Castelli.

In questo senso mi fanno sorridere le dietrologie scatenatisi dopo la trasmissione di ieri sera, obiettivamente frutto della mentalità maliziosa inculcataci dalla televisione contemporanea (Cui prodest, questo? E quello?). Abbiamo assistito allo spettacolo più prevedibile che potesse essere imbastito da Celentano: peccato che certe ovvietà - annotano in molti - siano proposte da un cantante arruffato e avizzito. Ma questi sono i tempi, purtroppo: basta seguire una qualsiasi puntata delle Iene, di Striscia o uno spettacolo di Grillo... Triste è il paese che demanda ai comici il senso del vivere comune.

Ben venga allora, di questi tempi, un Adriano Celentano a ricordarci di essere liberi: seguirà sempre un Bruno Vespa a normalizzare le cose.