E' la fiction, bellezza
A casa di Anna, Al di là delle frontiere, Amanti e segreti, Amiche, Attenti a quei tre, Augusto, Cefalonia, Centovetrine, Cime tempestose, Commesse, Cuore contro cuore, Diritto di difesa, Don Bosco, Don Matteo, Edda, Febbre d’amore, Garibaldi (eroe dei due mondi), Gente di mare, Il capitano, Il commissario Soneri, Il cuore nel pozzo, Il Grande Torino, Il maresciallo Rocca, Il veterinario, Incantesimo, L’amore non basta, La bambina dalle mani sporche, La caccia, La contessa di Castiglione, La fuga degli innocenti, La meglio gioventù, La squadra, La stagione dei delitti, La tassista, Le cinque giornate di Milano, L’ispettore Coliandro, Luisa Sanfelice, Madre come te, Madre Teresa, Mai storie d’amore in cucina, Marcinelle, Meucci, Mio figlio, Nerone, Orgoglio, Padre Pio, Papa Giovanni, Posso chiamarti amore, Rita da Cascia, Salvo d’acquisto, Soldati di pace, Sospetti, Sweet India, Ti piace Hitchcock?, Un anno a primavera, Una famiglia in giallo, Un medico in famiglia, Un posto al sole, Vento di ponente, Virginia (la monaca di Monza).
Nelle ultime stagioni televisive sembra ci sia stata una proliferazione incontrollata di fictions. Come un’epidemia multimediale questo format dilaga su qualsiasi palinsesto, fagocitando ogni momento della settimana televisiva e invadendo quegli spazi serali tradizionalmente dedicati anche ad altri generi come varietà, approfondimento giornalistico, teatro di prosa. Noi cerchiamo di contrastarne il virulento diffondersi con rapidità meccanica, avventandoci ingenuamente sui tasti limitrofi del telecomando: il contagio di tutte le frequenze disponibili non ci dà però scampo.
Il duplice contesto narrativo di ambientazione di questo onnipresente racconto a puntate (generalmente sentimentale o religioso e strizzando spesso l’occhio alle divise), sembrano rafforzare il sospetto che in tempi di guerra e crisi (impoverimento economico e culturale, conflitti etnici, frammentazione della Fede dogmatica a favore della ritualità del Sacro) il pubblico senta una necessità crescente di realtà ricostruite e idealizzate, riportandoci istintivamente ai tempi di Liala e di depressione, di tensioni sociali e incubi bellici. Anche allora le divise vestivano i protagonisti di storie d’amore e tradimento, gli ufficiali erano sempre ‘valorosi’ ma possedevano ‘umane debolezze’, la società sospirava appassionatamente di fronte alle gesta eroiche di personaggi patinati (pretesto, forse, per mostrare l’efficienza degli apparati e rassicurare implicitamente il pubblico, allora come oggi).
Il magro risultato, al di là di alcune azzeccate biografie storiche, è che conosciamo sì le abitudini della famiglia di Nonno Felice ma non il nome del candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti. In questi giorni di guerra e deficit, una buona metà dei titoli dei telegiornali è vergognosamente occupata da calcio e share, con giornalisti orgogliosi e raggianti nell’analizzare l’audience della fiction passata e già pronti ad annunciare la trama di quella che verrà.
Nassirya, in fondo, è molto più lontana del Maresciallo Rocca.
E tutto il resto è fiction.
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