9.9.04

Giornalisti?

Giulietto Chiesa si chiede perché l’unico Iraq conosciuto dagli spettatori televisivi sia il tetto di una moschea e un minareto: scenografia patinata, rassicurante e immutabile di giornalisti inviati e rassegnati, cristallizzati in ipotesi o smentite, in balia di eventi e aziende. Le immagini rubate alla strada, alla trincea, alla disperazione s’interrompono pudicamente con i nostri dubbi e sul nostro ribrezzo. Le solite facce, la solita litania. Dovremo attendere un altro Michael Moore per comprendere appieno l’immoralità televisiva dei nostri tempi, la manipolazione mediatica, la strumentalizzazione mirata dell’informazione? Povero Enzo: dimenticato prima di essere conosciuto.
Non è colpa tua, caro, vecchio elettrodomestico. Tu sei solo uno strumento.
Non è colpa dei cani, ma dei padroni. Non è colpa dei bambini, ma dei genitori.
Mai come ora il rimorso, la colpa e il ricatto rappresentano bieche sfaccettature tra le pieghe di un media divenuto appendice inscindibile della nostra società e della nostra fisiologia. Lì dentro si combattono guerre, si decapitano ostaggi, si eleggono capi, si spiegano fatti, si interpretano notizie. E si smentiscono evidenze.
Mai come ora la scatola è così vuota, apparentemente traboccante di isole e di vips, di rivombrose e di “chi vuole essere”. Ma vuota di realtà: un’irreale RealTV.
Palinsesti ludici e ridanciani incombono sul nostro quotidiano, lacerati da uomini cattivi che per immolare la propria vita trascinano innocenti all’interno del medesimo tubo catodico: la televisione replica se stessa in un circolo vizioso. Immagini di morte, immagini di morti, emittenti clandestine, video minatori, videomontaggi, videoproclami, immagini rubate, immagini censurate: sembra che la nostra società respiri l’anelito di uno schermo schizofrenico, senza per questo intuire la nebulosa verità. Giornalisti ingordi accorrono con i loro caravanserragli parabolici alla convention del dolore, all’ennesimo capezzale dal quale suggere il nettare della banalità dell’ovvio: questa volta a pochi metri da noi. Così vicini da poter percepire i mefitici effluvi di un morboso sensazionalismo a puntate.