29.11.05

Cogne arriva a 39!

Con il Porta a Porta di ieri sera, siamo arrivati a 39 puntate dedicate al delitto di Cogne.

Presenti in studio, come in una stanca clonazione catodica, i soliti Taormina, Crepet e Palombelli, sempre più demotivati nell'interpretare sé stessi con verve. Se le facce degli stessi protagonisti denotano ormai l'esausta routine, non immaginiamo cosa possa accadere nelle case degli abbonati...

Dopo la Cassazione, lo studio di Vespa è diventato l'ultimo grado di giudizio nel quale decidere la colpevolezza di un imputato e sul quale pasturare un pò di inutile, stiracchiato chiacchericcio.

Vox Populi?


Fotografia scattata all'angolo tra via Giordano Bruno e via Tempio Malatestiano, a Rimini. Un illuminante esempio di sintetica saggezza popolare...

28.11.05

Freedom House: il contributo di un lettore

Ricevo nella mailbox personale e pubblico:

Ciao

Ho visto che ti sei occupato del caso Freedom House… Ti segnalo il mio blog dove sto intrattenendo un interessante “dialogo” con quelli de Il Giornale.

Se vuoi intervenire o dare il tuo apporto mi piacerebbe.

Gabriele


Chi mi scrive è Gabriele Paradisi, titolare di un blog personale particolarmente accurato sul quale si è occupato, in modo esemplare e molto articolato, della ormai famigerata classifica americana sulla libertà di stampa (che vede l'Italia posizionata al poco onorevole 77° posto, quale paese "parzialmente libero"). Con la sua attività, Paradisi ha attirato l'attenzione dei giornalisti Paolo Guzzanti, Felice Manti e Salvo Mazzolini che, dal bunker de Il Giornale, in diverse occasioni hanno avuto modo di polemizzare circa il presunto motivo di tale, imbarazzante posizione: l'incriminazione del giornalista Lino Jannuzzi... senza la quale - secondo loro - l'Italia sarebbe stata elevata da FH nell'eccellenza della totale libertà di espressione (promozione che sarebbe poi avvenuta se solo FH avesse saputo che Jannuzzi è stato graziato). Non si menziona mai, negli interventi dei giornalisti, la questione "conflitto d'interessi", più volte inserita nelle motivazioni del declassamento: anzi, tale pretestuosa contestazione verrebbe ricondotta al fatto che tra le fonti di valutazione di FH comparirebbe il quotidiano La Repubblica.

A nulla sono valse le reiterate contestazioni di Karin Karlaker, la responsabile di FH interpellata da Paradisi in merito. Tali contestazioni, mi avverte Paradisi, sono poi sfociate in uno statement ufficiale che qui riporto integralmente:



From: FREEDOM HOUSE [mailto:pressrelease@freedomhouse.org]

Sent: Monday, November 21, 2005 6:11 PM

To: pressrelease@freedomhouse.org

Subject: FREEDOM HOUSE STATEMENT ON ITALY'S PRESS FREEDOM RATING


PRESS RELEASE

FOR IMMEDIATE RELEASE

CONTACT: Sarah Repucci

212-514-8040 x23

FREEDOM HOUSE STATEMENT ON ITALY'S PRESS FREEDOM RATING

NEW YORK, November 21, 2005 -- Recent debate in Italy surrounding the country's classification in Freedom House's annual survey of media freedom, Freedom of the Press, has led to incorrect characterizations in Italian media about the nature of the rating.

In 2004, Freedom House downgraded Italy from "Free" to "Partly Free" status (based on events in 2003). That status was maintained in the 2005 study (based on events in 2004).

In an October 26, 2005 interview with Karin Karlekar, the survey's managing editor, Italy's Il Giornale newspaper incorrectly suggested that the sole reason for Italy's "Partly Free" rating was due to legal action brought against two Italian journalists, Massimiliano Mellili and Lino Jannuzzi, in 2004. The full Il Giornale article is available here:

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=38324&START=0

Freedom House wishes to clarify that, as stated in the 2004 survey introduction and country report for Italy, there are two primary reasons for Italy's initial downgrade and continuing "Partly Free" categorization.

These are:

-- Concentration of ownership, particularly over the broadcast media, which has come about due to the fact that Prime Minister Berlusconi and his family have extensive business interests in the media, including their ownership of Italy's three largest private television stations and the Il Giornale newspaper itself. This creates a conflict of interest for the Prime Minister, acting both as a media entrepreneur and head of government.

-- An environment of excessive political control over media outlets' coverage and an increase in misuse of this power by members of the government, particularly over the public broadcasting network RAI (in 2003 the RAI board resigned in protest over government interference).

It was also noted that Italy also features an insufficient legal and institutional framework to fully protect press freedom -- the libel cases against journalists being just one example of this.

While the Italian government has passed two laws in 2004 (the Frattini law and Gasparri law) intended to address both the monopolization of television media and the conflict of interest that exists when a legislator maintains private holdings at odds with his or her public duty, neither piece of legislation presents a sufficient challenge to the Berlusconi family's control of the television industry.

Freedom of the Press, first published in 1980, assesses the degree of print, broadcast, and Internet freedom in every country in the world. It assigns each country a numerical score from 0 to 100 that determines a category rating of Free, Partly Free, or Not Free. Ratings are determined by examining three broad categories: the legal environment in which media operate, political influences on reporting and access to information, and economic pressures on content and the dissemination of news.

Freedom of the Press 2005 is available online at:

http://freedomhouse.org/research/pressurvey.htm


Come vedete, la faccenda sembra essere particolarmente complessa. Paradisi mi chiede di diffondere le informazioni al pubblico più vasto possibile, sperando in questo modo di stimolare un dibattito articolato e puntuale: una cosa che faccio molto volentieri, rimandando tutti alle singole pagine del suo blog (dove potrete rintracciare le parti analitiche del dibattito).

Lo ringrazio nuovamente per il prezioso contributo.

11.11.05

Come ti lincio l'Adriano

Non so chi abbia avuto il fegato (per gli ospiti) e la tempra (per l'orario) di seguire, ieri sera, il Porta a Porta dedicato all'ultima puntata di RockPolitik.

Già sui titoli di coda della trasmissione di Celentano si andava a sovrapporre un piccato Bruno Vespa che, con quel modo tanto democristiano di fare informazione, introduceva il tema della serata sottolineando (digrignando i denti quel tanto che bastava, dietro al sorriso ruffiano, come accade sempre nei casi di lesa maestà) che lo share maggiore era già stato raggiunto tempo prima, con la presenza-rissa in studio di Alessandra Mussolini e Katia Belillo. Quindi...

Sintetizzando al massimo il tormentone della serata, ovvero un'inutile e strumentale dibattito attorno al titolo "in Italia c'é una dittatura?" (parafrasando la precedente esibizione della Guzzanti) e l'inevitabile bagarre con toni da osteria (questa volta fra Alba Parietti e Vittorio Feltri), vado qui a menzionare - in ordine sparso - le perle migliori:

- Pierfrancesco Pingitore, confidenzialmente introdotto da Vespa come "Pingi", dopo aver promosso non troppo fugacemente il prossimo spettacolo del Bagaglino ha detto di aver trovato la trasmissione noiosissima e ha paragonato Celentano al protagonista di Oltre il Giardino (il giardiniere Chance), dandogli direttamente, pubblicamente e senza mezzi termini del mentecatto sopravvalutato;

- Paolo Guzzanti, pur ammettendo le abilità artistiche dei figli (imitatori a livello mondiale, 'più di Chaplin!' - lo ha incalzato Vespa - perdendo un pò la bussola), ha difeso gli interessi di bottega contro quello scemo (sic) di Cornacchione. Inoltre, ha sottolineato come fosse stato invitato dopo ben 5 anni a Porta a Porta e per parlare - sostanzialmente - di una figlia degenere: ormai si trovava lì, doveva fare buon viso. Per fortuna, dopo la sua sparata sul pubblico in studio che - non pagato come quello di RockPolitik - si stava addormentando durante la trasmissione di Celentano, ha dato sfoggio di un inedito (per me) talento ricordando le proprie imitazioni di Sandro Pertini ed Eugenio Scalfari che, a suo tempo, gli costarono il posto a Repubblica: spero veramente di vederlo, per una legge di contrappasso, condurre una trasmissione di satira sulla prossima RAI sinistrorsa... come non ha potuto fare sua figlia nella gestione attuale. Sono convinto che sia più abile come showman che come giornalista.

- Clarissa Burt ha dato prova di diplomazia, criticando i toni della Guzzanti ma in modo non troppo pertinente: forse non ha capito esattamente l'ironia dell'imitazione. La comprensione, data la stanchezza da fuso orario (ipse dixit), in questo caso è d'obbligo.

- Vittorio Feltri ha sottolineato direttamente a Celentano - rispondendo agli ammiccamenti proposti da Adriano in serata - di non provare assolutamente simpatia, neanche nel profondo del cuore, per la sua persona e per i suoi discorsi. Anzi, ancora una volta ci ha fatto sapere di non tollerare che il servizio pubblico permetta certe esibizioni: noiose, esose e stupide. Personalmente continuo a chiedermi come Feltri possa accusare di lentezza Celentano: dalle mie parti si dice che il bue dà del cornuto all'asino.

Tralascio volutamente le lancette spezzate da Mastella, Boselli e Alba Parietti, come sempre molto "politically correct", chez Vespa. Mi è piaciuto invece l'intervento, oggettivo e asciutto, di Lanfranco Vaccari, direttore del Secolo XIX: egli ha giustamente fatto presente le cifre e i risultati ottenuti da Celentano, che hanno trasformato la trasmissione in grande evento popolare e televisivo.

Su tutto gravava come un avvoltoio Bruno Vespa, pronto ad aizzare - in modo a volte subliminale, a volte sfacciatamente irritante - qualsiasi critica e censura alla trasmissione che lo aveva preceduto (e spodestato). Una su tutte: mentre Pingitore andava a criticare - addirittura! - la scenografia di RockPolitik, a suo parere troppo essenziale e tetra, Vespa ne sottolineava con ironia il costo invece esorbitante.

Bisognerebbe ricordare ad una certa politica e ad un certo giornalismo, che quando si dà dell'idiota a Celentano o dello scemo a Cornacchione, si coinvolgono milioni di persone che hanno seguito la trasmissione e che - anche sulle pagine di TvBlog - hanno maturato e manifestato un proprio senso critico, ben più ampio di quello espresso da certi sedicenti intellettuali. A mia memoria non riesco a ricordare un linciaggio mediatico simile, per di più scatenato dalla stessa rete e a televisore ancora caldo.

8.11.05

Ipse Dixit

Satira da scambisti

Un comico che ti aiuta a guidare nel vuoto nulla una massa che morendo dal ridere muore ridendo

Internazionale 615, 3 novembre 2005

È in corso un'accesa discussione sul ruolo della satira nella società e sul ruolo della politica nella satira: l'informazione-satira, la satira che fa informazione, la politica che fa satira e l'informazione che fa la politica, i maghi che curano le malattie. I conduttori televisivi che vanno alla regione mentre quello che stava alla regione diventa ministro della salute (che prima era della sanità) e il ministro della salute che torna medico, indagato dalla magistratura, che pure lei è indagata dagli avvocati delle holding.

Ero preso dall'impulso di dire la mia, come addetto ai lavori, blasonato dai duecentomila italiani che mi hanno ascoltato a Napoli. In effetti non c'è più nulla che sembri stare al suo posto, mi tormenta questa confusione da scambisti! Poi accendo su Rockpolitik e finalmente vedo qualcosa al suo posto! Ho riso molto, e con me tanti italiani.

A proposito di cose che fanno ridere: "Io l'avevo detto a Bush che non bisognava andare in Iraq" precede di pochi nanometri mentali qualcosa come: "Io l'avevo detto agli italiani di non votarmi", e questo mi fa ridere. E Bush che riceve questo capocomico italiano che ha reinventato l'8 settembre e l'ha piazzato nel terzo millennio…

Stiamo reinventando le cose, è fantastico, è molto rockpolitik. Farsi l'opposizione da soli. È questo il motto che circola nelle stanze del potere? Come per un'azienda creare la sua stessa concorrenza e mantenerla appena appena sotto tono, finanziare la differenza e anche la diversità – poi Lapo c'è caduto dentro ma questo è un altro discorso.

Ma ora basta con il nano, è passata, mi è passata e ci è passata. Oggi penso a Santoro che sta arrivando… ma da dove? Lo hanno reinsediato dopo il diktat bulgaro per via di una sentenza della magistratura. Lui si dimette da parlamentare europeo – ce l'aveva mandato la gente, quella di cui non frega nulla a nessuno – e rientra dalla porta di Rockpolitik. Ma che dice quella sentenza? Di passare da Celentano dopo avere mollato gli impegni col cittadino/cliente/telespettatore?

Penso a Prodi che è già stato al governo: pure lui ha questo potere miracoloso di farsi l'opposizione da solo? Tu fai un po' di opposizione a me che io faccio un po' di opposizione a te. E poi? Chi salterà fuori, mentre stiamo morendo dal ridere guardando chi muore ridendo dopo aver permesso una farsa che si chiama Rockpolitik? Dal fumo, dalla penombra, vedo un bel tomo pronto a sorprenderci: Casini, il maggiordomo.

Tornando alla satira, Prodi è il più avanti di tutti: si prende per il culo da solo, ha inventato un'espressione mimica speciale per sottolineare i suoi concetti più profondi e che sembra dire: "Ma che cazzo sto dicendo?". Un suo simile, Del Noce, fa i complimenti a questa nuova satira e tutti si affaccendano a dire che in Italia non c'è la censura, Tv7 parla di Rockpolitik, ne parlano la destra e la sinistra unite! Insomma in Italia non c'è la censura e lo avevamo detto che andare in Iraq sarebbe stato un errore. La satira a volte non è possibile, perché non è possibile ridere su qualcosa di tragico che si è già sputtanato da solo.

Ed è qui il salto di qualità, la svolta storica: oggi si possono fare certe figure di merda in assolo, senza la necessità che nessuno lo faccia notare. Per questo la satira era in crisi? Una crisi risolta da Rockpolitik che gli ha ridato almeno una faccia, dato che non ce l'avevano più! Infatti è in corso una mutazione politica tipica delle aziende, una fusione, come il "dalemoni", una chimera da cui sta per nascere il futuro, un governo zombi, una provincializzazione dei punti di vista a tutti i costi.

Non si può parlare di censura nei termini classici e poi dire che non c'è solo perché hanno permesso una farsa della satira: è il tentativo di isolarci psicologicamente dal resto del mondo, di farci credere che il problema è uno quando non è più quello, di trattarci come dei clienti invece che come cittadini: vai a protestare dal commerciante per una cosa che ti ha venduto perché non funziona e lui te ne vende un'altra. Così mi rifiuto di parlare di censura.

Siamo al settantesimo posto come libertà d'informazione per via di Biagi, Santoro e Luttazzi? E come facciamo a saperlo allora? Come si fa a classificare il grado di faziosità? Come si fa a classificare il ridicolo? Come si fa a classificare il provincialismo coatto? Perché è il mondo intero il futuro, l'esperienza del blog mi ha aperto gli occhi, a volte mi sento come il capo di Solidarnosc, ma senza il papa amico. Mi conoscono più fuori che dentro! Parla di me Time e la Rai non dice quasi nulla? Va bene così, se non ricevo complimenti da Del Noce mi sento meglio, un "bravo" di Del Noce non so se lo reggerei.

Da domani invece di politically correct si dirà: "Lo sai, l'ing. Capillo ha fatto un discorso molto rockpolitik". Perché senza un po' di sostegno da parte di chi ti piglia per il culo non si può più campare. Abbiamo appena visto che in assenza di una satira come Dio comanda se la fanno addirittura da soli. Mi immagino il nuovo curatore dell'immagine di questi zombi: un comico che ti consiglia come fare a farti seguire ridendo, che ti aiuta a guidare nel vuoto nulla una massa che morendo dal ridere muore ridendo.

(Beppe Grillo)

3.11.05

Vespa do Nascimento

Ieri sera la TV ci ha presentato due forze, fisicamente uguali e moralmente contrarie: il prepotente - ma sussurrato - ritorno di Marco Travaglio (bentornato: mi mancavi!), in grande spolvero per la prima puntata stagionale de L'Infedele di Gad Lerner - dedicata inevitabilmente alla Censura televisiva - e un insolitamente paleoculturale Porta a Porta.

Mentre nel salotto chez Gad abbiamo assistito ad un imparziale quanto intenso dibattito, finalmente diretto e non becero, su molti argomenti di politica contemporanea (par condicio, censura, strategie di comunicazione, leadership), discussi in modo cosciente e vis-a-vis da opposte posizioni, nel serraglio di Bruno Vespa è andata in scena l'apoteosi del pop - nel senso più grottesco del termine - dal titolo "la superstizione degli italiani". In senso più diretto e meno ipocrita, un viaggio postmoderno attorno alla sfiga.

Quando ci si interroga sulla qualità della televisione italiana e dei programmi di approfondimento giornalistico, non si dovrebbero dimenticare questi due estremi: mentre uno discute di problemi reali con giornalisti, intellettuali e ministri, l'altro ritorna al futuro ospitando una varia umanità accessoriata di gatti neri, corni e malocchi, dimostrando una volta per tutte che oggi in televisione viene mostrato e contrapposto - sempre più spesso - un paese virtuale a quello reale, con propri problemucci, rimedi antichi e gesti scaramantici che tutto risolvono.

Se su La7 si discute di mafia e campagna elettorale, su RaiUno viene intervistato il Sindaco del "paese che porta male". Se Lerner si può fregiare del rientro di Travaglio sugli schermi nazionali, Vespa - dal canto suo - attende l'incitamento del pubblico per posizionare una scala aperta in mezzo allo studio per passarci sotto (previa manipolazione di un ferro di cavallo), con quel suo appeal rivoltante da compagno di banco che tutto sa. Mentre L'Infedele esplora le evoluzioni degli spot elettorali degli ultimi dieci anni, Porta a Porta intervista la Maga Ester, la cartomante dei divi: poi abbiamo il coraggio di condannare Vanna Marchi...

Nel frattempo Paolo Crepet, forse finalmente cosciente dell'imboscata culturale alla quale è stato invitato, è andato scomparendo progressivamente nella poltrona di pelle bianca dell'estremo angolino sinistro. Ne abbiamo dedotto la presenza solo per la timida segnalazione che "la castagna di ippocastano porta fortuna".